sabato 18 agosto 2007

INCHIOSTRAZIONE TAV. 1-CANTO I-DANTE INFERNO







Il disegno è quel "talamo" intimo dentro il quale l'immaginazione trova una sua forma. Ed è nella tavola e nella sua inchiostrazione che si cerca o ci si sforza di cercare la nettezza e la chiarezza di un prodotto completo. Il soggetto prevede di illustrare sequenzialmente le prime parole del poema:

"NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA...”

Un piede entra, nel campo della prima vignetta e nel cuore del soggetto. Oltrepassa un limite e usa la metafora di un fiore che piegato dal passaggio del poeta va a bruciare i suoi petali e le sue foglie nel territorio morto e infuocato della selva oscura e dell’oltretomba.
Nel "tradurre" sotto forma discorsiva e più comuni le parole di Dante si è pensato di porre l'accento sulla solitudine dell'uomo scrittore che senza quasi accorgersene diventa redattore del mondo ultraterreno. Per farlo, l'assenza degli altri sembra una condizione indispensabile:
"A questo punto della vita bisogna perdersi come d'abitudine capita a tutti gli uomini soli"
Di fronte l'estesa selva oscura.
Questa viene raffigurata con poca profondità per dare la sensazione di trovarsi davanti ad un muro invalicabile; fitto, asfissiante e oscuro.
Le fronde dei più alti alberi sembrano intrecciarsi formando come una sorta di corpo unico con più fusti.

sabato 11 agosto 2007

BOZZETTO TAV. 1-CANTO I-DANTE INFERNO

La prassi è la seguente.
Quando realizzo una tavola parto dallo schiarire e mettere a fuoco un’idea veloce, repentina, che spesso e volentieri mi porta subito altrove, magari a focalizzare immediatamente la seconda versione.
E’ un istante. Non serve molta precisione e sembra superfluo soffermarsi subito nel dettaglio.
L’idea deve essere chiarita al meglio prima di qualsiasi estetismo o ricercatezza di stile.
Ed è per questo che disegno e sceneggiatura, nel bozzetto vanno di pari passo.


All’inizio nel foglio A4 bianco si marca il territorio solo con un’abituale intestazione generica: testo e sceneggiatura, n. della tavola e sottotitolo (argomento e sequenza affrontati nel bozzetto). Per la Divina Commedia e per l’Inferno di Dante nel mio progetto non si può scrivere prima, tutta la sceneggiatura. Penso sempre che per creare un prodotto visuale, ognuno debba procedere secondo percorsi propri e non fossilizzarsi in nessuna regola precostituita da scuole di fumetto di qualsiasi parrocchia.
Il soggetto esiste, eccome! E il progetto non vuole tradire una virgola che sia servita a Dante per comunicare un valore simbolico, metaforico o legato alla sua immaginazione fantastica.
Le regole valgono solo per una facilitazione nell’esecuzione del prodotto e non come una forzatura alla quale bisogna sempre attenersi.
Tutt’altro è l’improvvisazione, ma questa si evince quasi sempre dalla prima linea tracciata nel foglio e per chi è testardo nell’intera tavola.
In Dante ogni verso sembra un veloce miscuglio emozionale, carico di sfumature e congetture legate al suo tempo: fazioni opposte in lotta per poteri materiali o fondamentalismi religiosi espressi sotto forma di quadri figurativi complessi che non possono essere depennati o accantonati per problemi di spazio o di numero di pagine. Per cui il procedimento di stendere il primo abbozzo, segue letteralmente, passo per passo ogni parola del poeta e cerca la sintesi solo lì dove l’emozione del verso non può che essere espressa con quelle parole.
Per le licenze si chiede solo la benevolenza del lettore.




venerdì 10 agosto 2007

LOGO-DANTE INFERNO

Il titolo è tutto.
Nel logo e nel suo contenuto si esprime una dichiarazione programmatica. Un proposito di intenti.
Il protagonista e il suo viaggio. L’uomo con la sua innocenza e l’incognita di un luogo oscuro che diventa teatro delle proprie azioni.
Un magma che ricorda le eruzioni vulcaniche e i caratteri del primo capitolo di una lunga trilogia che si condensano a forgiare l’indirizzo verso il quale va la curiosità più estrema.


Traduzione dall' arabo:
"PER CASO HAI MAI VISTO UN GIARDINO COSì BELLO?"
Iscrizione della Sala de Dos Hermanas (Sala delle due sorelle) Alhambra - Granada

giovedì 9 agosto 2007

STUDIO PER DANTE-VOLTO ED ESPRESSIONE


Dante appare più giovane rispetto all’iconografia tradizionale. Quando procederà per i vari gironi dell’Inferno ma ancora prima, quando scoprirà che gli è impedito oltrepassare l’Acheronte con la folla dei dannati, ospite della “Carretta” di Caronte, il suo volto comincerà ad abbrutirsi e simbolicamente ad invecchiare.





Nel lungo viaggio che lo attende si può anche pensare alla calvizie come condizione massima di illuminazione divina o come estrema crisi di nervi dopo averne viste di tutti i colori! Già dal terzo canto la barba lunga e la prima presa di distanza nei riguardi degli “Ignavi”, determineranno un invecchiamento precoce, testimone di un male tutto interiore del poeta che soffre per la sorte di esseri divorati da vermi, vespe e mosconi.

domenica 5 agosto 2007

LA COMMEDIA CHE SOPRAVVIVE E VIVE



Penso svariate volte di documentare il mio lavoro di illustratore e fumettista, con annotazioni al margine o bozzetti preparatori.
Per farlo al meglio e per un progetto sull'Inferno di Dante la "condivisione" può essere un ulteriore stimolo per far "sopravvivere" l'idea negli anni a venire.
Non so quanti adottino porsi delle scadenze a lungo termine o utilizzare linguaggi visivi o verbali per stimolare la dose minima giornaliera di creatività.
Io ho scelto di farlo con la "Commedia" di Dante e con una modalità totalmente personale di leggere e rileggere l'opera del grande maestro.
Senza tradire il contenuto poetico dell’opera e senza porre tagli o cesure al testo originale con sceneggiature abbreviate o da graphics novel mordi e fuggi, si vuole illustrare sotto forma di fumetto il grande viaggio intrapreso da un uomo fatto di carne e umori.
Dante quando scende all’Inferno per essere più “degno” scende anche dal piedistallo che certa cultura verbosa e noiosa ha adottato per innalzarlo o dipingerlo negli anni.
Soprattutto negli ultimi anni si è voluta trincerare la sua figura dietro un conservatorismo ancora più subdolo, mascherato da riletture convertite come quelle di Benigni, senza rischiare mai nessuna sperimentazione.
Per dare lunga vita ad un prodotto della cultura come La Divina Commedia che sia universalmente di tutti, non serve pedissequamente impararla a memoria o per visualizzarla utilizzare solo le incisioni di Dorè. Ma rischiare con linguaggi e rielaborazioni che avvicinino l’opera alla cultura contemporanea.
Si pensi al vecchio Dalì nella sua lucida follia o al grande Greenaway con i suoi primi otto canti dell’Inferno sotto forma di corti d’autore.
Nel fumetto nazionalpopolare o come qualcuno del settore definisce “industriale”, non si può uscire fuori dalla vignetta. Nel mio progetto forse un po’ folle per lunghezza e dispendio di energie voglio intercalare tutti i linguaggi visuali legati alla grafica e un po’ sopra le righe tutti gli stili di quegli artisti che ho sempre osservato divorando fumetti da vent’anni.
Uno su tutti Andrea Pazienza.
In uno stesso prodotto possono convivere espressioni diverse per quella natura schizofrenica, onnivora e destabilizzante che fa dell’artista una “moltitudine” di persone, autori e amici incontrati in vita. E il suo lavoro un’opera aperta che potrà adattarsi ad una ulteriore moltitudine di interpretazioni.

venerdì 3 agosto 2007

STUDIO PER DANTE


Procediamo con l’identificazione del personaggio.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita”, a occhio e croce sui trentacinque anni.
Fisico asciutto, volto smagrito e senza tralasciare qualche aspetto tradizionale come il naso ricurvo e pronunciato.
Affinità elettiva fisionomica.
Dante nel suo insieme denota l’appartenenza all’epoca medievale , ma filtrata attraverso la lente della contemporaneità.
Tascapane a tracolla usata dai viaggiatori per portare un diario (blog?), camicia senza colletti all’insù e caratteristica nuova: capelli lunghi e arruffati.
Dante è spettinato solo come certi poeti di tendenza sanno essere, troppo presi dalla furia di annotare e scrivere di sé e delle loro esperienze per curare il loro aspetto.
Interessante può sembrare il modello David Linch ma troppo connotato con gli anni novanta.
Ci si chiede che tipo di pettinatura potesse avere Dante sotto il peso ingombrante dei para- orecchi di cotone e a cuffia provvisti di laccetti per l’inverno, il berrettone floscio nella parte posteriore e un 300 g di foglie d’alloro.
Forse era calvo!
Il mio Dante all’inizio del suo viaggio, quando capisce che ha oltrepassato il “limite dell’oltretomba”, si sfila di sopra il capo tutto questo materiale ingombrante e lo getta via nel baratro o in mezzo a qualche visione allucinata che la sensazione di perdita della retta via gli ha procurato.
Per quanto riguarda il vestiario ci si rimanda come semplice pretesto a Simone Martini di Siena che meglio di Giotto ha saputo riprodurre le frivolezze del benessere artistico.
Benessere solo temporaneo, perche a cominciare già dall’incontro con il mitico Caronte e con la sua “Carretta dei Dannati”, queste povere vesti si lacereranno, infangheranno e daranno al poeta più una visione da mendicante.
Per ultime e non per importanza le scarpe.
Dante macinerà davvero molti chilometri. Scalerà rupi e pendii, e oltrepasserà terreni sicuramente non asfaltati.
Forse alla fine del terzo canto quando capisce di non potersi imbarcare da clandestino nella Carretta avrà già consumato le esili suole e sarà ridotto a piedi nudi.