venerdì 10 agosto 2012

DOMENICO DI MICHELINO - DANTE E I TRE REGNI

Insegnando la storia dell'arte alla scuola media si comunicano le basi essenziali di tutto il patrimonio noto dell'ambito nazionale.
Per tre anni si trasmettono ai ragazzi e alle ragazze le linee guida per poter collocare con precisione i grandi maestri dell'Arte italiana nel loro contesto storico, territoriale e nell' area culturale di appartenenza.
Loro con molta cura e disinvoltura imparano a distinguere le Stanze Vaticane eseguite  ad affresco da Raffaello dalla volta della Cappella Sistina, opera del grande Michelangelo Buonarroti.
Se qualche volta apprendono che un Ministro dei Beni Culturali, qualche anno fa, ha letteralmente scritto su un suo pseudo testo o saggio che i dipinti della Cappella romana erano opera solamente del maestro "urbinate" allora scatta l'indignazione matura di chi non può permettersi dei modelli di classe dirigente mordi e fuggi.
Si, perché quel Ministro è letteralmente "fuggito" dalla circolazione.
E per fortuna.

Se, nella stesura di un programma scolastico, si riesce ad inserire qualche Maestro un po' meno noto, ma non per importanza, allora gli obiettivi della tua materia di insegnamento sono pienamente raggiunti.
Uno fra tutti e per attinenza al blog è Domenico di Michelino con una delle sue opere più note ed eseguite a Santa Maria del Fiore a Firenze nel 1465.
Aiutato nel disegno da Alesso Baldovinetti, egli presenta Dante che mostra la Divina Commedia circondato dai tre regni descritti nella sua opera: Inferno, Purgatorio e Paradiso.


Domenico di Michelino, Santa Maria del Fiore a Firenze

Quando osservi una tale opera viene naturale un leggero sconforto. Il sentimento non riguarda più il mestiere di insegnante ma quello di pittore e illustratore.
Cercando di non incasellare il progetto Dante Inferno nel solo linguaggio del fumetto e intercalando altri linguaggi come quello del colore ci si deve confrontare con questi maestri della nostra cultura che al meglio comunicavano i contenuti dell'opera. La loro e quella di Dante.
Lungi dal fare dei raffronti di pari livello, si prova, partendo da un tale onorevole (non il ministro di cui sopra) spunto ad elaborare una propria interpretazione visiva.



 
Ancora legato ai dettami del Medioevo, il Maestro Fiorentino come dice il Vasari subisce l'influenza del suo mentore Beato Angelico che probabilmente gli svela tutti i segreti della cultura umanistica del Quattrocento e l'arcano della prospettiva.







La mia illustrazione, in fondo a questo post è stata realizzata intorno al 2005, quando ero all'opera sui primi canti ed è influenzata da tanti riferimenti pittorici e in maniera evidente da tanta Arte Moderna che attrae il giovane studente delle Accademie di Belle Arti.
La tecnica che ho adoperato sono gli smalti acrilici e le tempere.
Il supporto prettamente cartaceo.
Chissà oggi come rielaborerei l'opera di Domenico di Michelino e chissà che non mi cimenti in un'altra versione...



bozzeto "Dante e i tre regni"
matita su carta formato A4



"Dante e i tre regni"
smalti acrilici e tempere- formato A3

martedì 7 agosto 2012

L' HABITAT DELLA LONZA-Illustrazione cm 50x70

Con il tempo, queste caratteristiche della Lonza legate alla sua capacità di porre un limite invalicabile di muri trasparenti e seducenti mi hanno dato l'idea di svilupparle ad un intero ambiente.
Il luogo deputato per fare da sentinella e non permettere a nessuno e tantomeno a Dante di superare quel limite invalicabile che porta verso la salvezza.
Tale è la capacita mobile della Lonza da permettere alle sue propaggini maculate di adattarsi a qualsiasi deformità territoriale. Travalica piante, rocce e altri animali votati a vivere come parassiti alla sua ombra.
Fra tutti le lucertole, simbolicamente striscianti come chi tentò Eva e predisposti a vivere in ambienti aridi e pieni di Cactus spinosi.










L'idea è quella di immaginare tutto un sottobosco di vita e flora secondaria che vive parallelamente agli eventi della storia e magari ad altre pitture di soli ambienti contaminati dalla fiera.
Vedremo se il tempo mi darà ragione.


lunedì 6 agosto 2012

COLORAZIONE

Mi hanno sempre colpito le parole di Steven Spielberg riguardo l'annullamento del colore nel film "Schindler's list", considerandolo una sorta di siero.
Per certi versi ha ragione, il colore anestetizza la forza espressiva della comunicazione visiva del segno.
Egli definisce l'estrema scelta del bianco e nero, come l'essenza per vedere la "vera forma delle cose".
Nella sua stessa opera, però fa entrare  nel campo dell'inquadratura, di una delle scene e sequenze più drammatiche del film,  una bambina con un cappotto rosso.
La simbologia del colore, millenaria e antica, irrompe in tutta la sua potenza.
E' probabile che nei riguardi delle tavole esposte in questo blog ci possano essere pareri divergenti su come si debbano presentare al pubblico o in una eventuale pubblicazione.
A parer mio un' elaborazione visiva come quella da me proposta, può essere aperta a molteplici chiavi di lettura.
Nel mio modo, totalmente divergente dalla grafica in bianco e nero e molto densa di tratteggiature, il colore è fortemente contrastante, innaturale e poco pittorico.
La scelta adottata almeno per il I Canto non voleva in nessun caso, perdere la districata sottotrama di segni che escono fuori, vorticosamente, quando disegno.
Per la tav. 8 in modo particolare la distesa di diverse tonalità di gialli, presente nel corto di Greenaway e Phillips, TV Dante, imponeva una dichiarata citazione ed un omaggio.
Se il giallo corrisponde espressivamente a sensazioni di disorientamento e fastidio visivo, credo che Dante ne abbia provato abbastanza se dopo poco si è allontanato cambiando la direzione del suo percorso e chiedendo l'aiuto di una guida.





sabato 4 agosto 2012

INK TAV. 8 - I CANTO

L'inchiostrazione che segue una leggera traccia di disegno sul foglio, molte volte, rispetto a quest'ultimo è del tutto indipendente.
L'abbozzo eseguito volutamente schematico e privo di dettagli, per economizzare con i tempi di esecuzione, per il mio lavoro, predilige una buona impaginazione grafica. I Ballons e le cornici bianche dei riquadri tra una vignetta e l'altra devono uniformarsi ad un' unica composizione d'insieme che aiuti maggiormente la narrazione.
Questa scelta, impone naturalmente nel lettore, una maggiore pratica all'osservazione della tavola.
Soffermandosi il giusto tempo di fruizione, il linguaggio del fumetto non si consuma prediligendo la storia ma ne esalta il contenuto e molte volte lascia ampio spazio all'immaginazione trovando spunti e citazioni come quelle descritte nel post precedente.
In questa pratica  un po' lontana da qualsiasi standard editoriale classico si è trovato la giusta relazione con il verso dantesco che già di per sé suggerisce lentezza nella lettura e in alcuni momenti, una vera e propria "decodifica" delle parole.


Per molte tavole dei primi canti dell'Inferno non si è mai fatto uso di penne a china o pennarelli di vario tipo.
Solo la punta del pennello. 
I tratteggi sono il frutto di una stesura veloce e morbida che non può essere uguale ad una inchiostrazione seriale tradizionale ma sicuramente funzionale a quella voglia impaziente di afferrare un' idea fugace e istantanea.

venerdì 3 agosto 2012

ISPIRAZIONE: TV DANTE di Greenaway e Phillips


Guardando i “corti” del maestro inglese Peter Greenaway sull'Inferno di Dante che all'epoca (fine anni 80-coadiuvato dal connazionale artista Tom Phillips) e in tutto quello che riguardava gli sterminati archivi di immagini documentaristiche, della BBC, utilizzate come referenze di base, si è trovato quello stimolo creativo ed emotivo che è capace di farti imbarcare in imprese disperate e folli.
Un vero e proprio metalinguaggio da documentario informativo e da seconda serata che apre l'opera del maestro fiorentino ad un nuovo medium  televisivo che usa la sperimentazione come nuova rilettura di un classico.
Condividendo questa visione e con buona pace di chi non sopporta un' immagine colta e per certi versi ridondante, a tratti nella fase di progettazione delle tavole da illustrare, con grande naturalezza e cosciente ispirazione ho pensato a tutte quelle sequenze “pregnanti” e capaci di rimanere impresse nella memoria (la mia) e pronte ad essere riusate aggiungendo un'altro piccolo tassello nella rielaborazione dell'iconografia tradizionale della Lonza e del suo “Habitat”
Straordinari nel I Canto i frame in cui si sovrappongono diversi livelli di immagini dell'animale in posizione d'attacco o interi campi occupati solo dal manto maculato.



A TV Dante di Greenaway e Phillips

Oppure, quando i due autori, sovrappongono alcuni cerchi concentrici che prefigurano i gironi dell'inferno creando movimento fra questi ultimi, attraverso quelle che assomigliano a cellule germinali in eterna fluttuazione. Questa presenza debordante e a tutto campo della naturale decorazione estetica del manto della Lonza poteva funzionare come seduzione per gli occhi.


A TV Dante di Greenaway e Phillips


Part. vignetta 1-Tav. 8- I Canto

Senza nessuna via di fuga, Dante è attratto e nello stesso tempo respinto dall'eccesso di seduzione primitivo e primordiale che la fiera riesce a trasmettere.
In trasparenza e nel suo territorio riposa una Lonza…


Part. Illustrazione " L' Habitat della Lonza"
smalti acrilici e tempere formato cm 50x70

giovedì 2 agosto 2012

LA LONZA- Bozzetto tav. 8- I Canto

Il primo pericoloso ostacolo di Dante verso l' ascesa del Purgatorio è la Lonza.
Simbolo di peccato, lussuria e "incontinenza" quest'animale sinuoso e per certi versi lascivo crea nel poeta il primo di una lunga serie di conflitti interiori e di coscienza per ciò che solo una fugace visione di quest' immagine come di altre, dall'evocativo e affascinante potere simbolico, possono provocare.
Lungo la base del monte saranno tre le fiere che circonderanno Dante e che eviteranno di farlo proseguire verso la via più facile che è quella della salvezza e dell'illuminazione divina.
Di fronte alle fiere, lonza, leone e lupa, l 'oscurità percepita già nella selva oscura sembra ben poca cosa.
Delle tre citate forse la più pericolosa risulta la bestia dal manto maculato, così ammaliante per l'eccessivo abbellimento che la natura è riuscita a procurarle.


Nella stesura del primo bozzetto e dei primi studi si è voluto insistere su certe pose remissive dell'animale che creando con il proprio corpo forme curve e oblunghe non potessero fare a meno di stimolare una sorta di primitiva attrazione in chi le guardasse.

Per meglio identificare la forte aura e l'insormontabile potere che paralizza gli uomini si è pensato di ergere dei muri maculati e trasparenti che seguendo i movimenti a scatti e felini nello stesso tempo creassero dei veri e propri ostacoli non immediatamente percepiti.
Usando perlopiù una sorta di persuasione visiva, esteticamente favorevole agli occhi si rimane prigionieri per sempre  di cotanta bellezza.